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Titel
Milano-Davos 1942-1944. Diario di un dirigente industriale progressista


Autor(en)
Devoto, Giovanni
Erschienen
Milano 2017: H. Gietl Verlag
Anzahl Seiten
347 S.
von
Sonia Castro

Con il titolo Milano-Davos 1942-44 per l’editore Guerrini e associati è apparso il diario scritto durante i due anni di guerra da Giovanni Devoto, liberalsocialista, antifascista, professore di elettrochimica al Politecnico di Milano e poi dirigente industriale presso le acciaierie Falck. Esponente di una famiglia illustre e legato a una dinastia di importanti industriali italiani, Giovanni Devoto fu figlio di Luigi Devoto, medico e professore di patologia medica all’Università di Pavia, nonché fondatore della prima clinica del lavoro a Milano nel 1910, fratello del noto linguista Giacomo e marito di Giulia Falck, figlia del fondatore delle acciaierie omonime. Liberalsocialista, Devoto fu vicino a personalità italiane come Guido Calogero, Piero Calamandrei e Adriano Olivetti.

Rimasto a lungo inedito, trascritto a macchina dalla vedova negli anni Sessanta, il diario pubblicato sotto la curatela del figlio Gianluca costituisce una testimonianza preziosa di un itinerario soprattutto umano, che si dipana dai primi giorni dei bombardamenti su Milano, nell’ottobre del 1942, per concludersi con la fine dell’agonia dettata da una broncopolmonite che portò Giovanni Devoto a trascorrere l’ultimo anno della sua vita a letto, di cui gli ultimi sei mesi ricoverato nel sanatorio di Davos.

Interrotta l’attività accademica a causa di un’infezione polmonare, che lo portò a un primo ricovero presso il sanatorio di Davos nel 1935, dopo 5 anni di esperienza presso le acciaierie di Bolzano, Giovanni Devoto nel 1941 giunse a Sesto San Giovanni per dirigere il “Vulcano”, uno dei quattro stabilimenti siderurgici della Falck. È da questo osservatorio privilegiato, a contatto con le masse operaie e inserito nel mondo delle relazioni economiche dell’industria italiana e straniera, che Devoto nelle ore serali, costretto nella sua abitazione dal suono delle sirene d’allarme, scrisse pagine intense di commento agli avvenimenti riportati quotidianamente sulla stampa.

Milano-Davos non è quindi soltanto un viaggio tra l’Italia e la Svizzera durante gli anni di guerra, ma è soprattutto un itinerario personale attraverso l’acquisizione della consapevolezza della malattia, l’osservazione attenta degli avvenimenti internazionali e un resoconto, onesto e meditato, della quotidianità di un paese in guerra. Le belle pagine del diario, che si legge come un romanzo, dimostrano ancora una volta, quanto le fonti private possano aprire finestre inaspettate anche su tematiche rilevanti, penso alle vicende delle industrie siderurgiche italiane sotto l’occupazione tedesca e alla collaborazione con le autorità del Reich, mostrando nel contempo quel lato umano, che l’orco immaginario di Bloch, indicava come interesse prioritario dello storico.

Il diario prende avvio l’8 dicembre 1942, quando l’Italia “sente” a fondo la guerra e l’autore l’intenzione di scrivere “più chiara e decisa”. Il diario attraversa quindi momenti cruciali del periodo compreso tra il dicembre del 1942 e il settembre del 1944, ripercorrendo la crisi della dittatura di Mussolini e l’avanzata delle forze alleate sui fronti di guerra: dai primi scioperi nelle fabbriche del nord Italia nella primavera del 1943 allo sbarco degli alleati in Sicilia nel luglio dello stesso anno e alle dimissioni di Mussolini il successivo 25 luglio; dall’inquietudine e dal clima di incertezza generata dall’annuncio dell’armistizio l’8 settembre alla riorganizzazione delle forze fasciste fino allo sbarco in Normandia del 6 giugno del 1944 e a quello in Olanda del successivo mese di settembre, quando il diario si interrompe forzatamente in una stanza del sanatorio di Davos.

Soprattutto nella sua ultima parte, il volume presenta pagine commoventi, nelle quali l’autore affronta con lucidità e disincanto l’evolversi inesorabile della malattia. Costretto a letto nell’ultimo anno di vita, precluse le visite esterne a causa del grave stato di salute, interrotto qualsiasi collegamento con gli affetti famigliari – una moglie e tre figli piccoli, rimasti in Italia – sottoposto a cure dolorose, quanto inefficaci, Giovanni Devoto affida al suo diario, unico interlocutore, gli ultimi pensieri, angosciosi e anelanti una serenità perduta. Nonostante le sofferenze fisiche, che pure occupano uno spazio ridottissimo tra le pagine del diario, l’autore non perde mai l’interesse per le sorti del suo paese e per quelle dell’umanità nel suo complesso.

Sempre presente è la preoccupazione per la degenerazione morale che le vicende italiane sembrano testimoniare, per le difficoltà con cui si troverà confrontata la nuova classe dirigente italiana alla fine del conflitto. «Il dopoguerra italiano fa paura – scrisse il 3 aprile 1943 – con tutto lo sbandamento morale che c’è e col pullulare di partiti politici in disaccordo» (p. 68). Uguale preoccupazione è espressa nei confronti del patrimonio culturale italiano: «la radio ha dato notizia dei gravissimi danni arrecati al centro di Milano […] Per quanta simpatia io possa avere per degli angloamericani, queste distruzioni metodiche dei centri delle città mi fanno orrore» (p. 114).

Attraverso la lettura del diario emergono altresì le condizioni di vita materiali di un paese in guerra, come i viaggi in treno in uno «scompartimento di prima classe con diciotto persone!» (p. 81), o la difficoltà degli approvvigionamenti alimentari: «da quando hanno messo un calmiere piuttosto rigoroso sulla frutta e sulla verdura, no si trova più nulla: ore e ore di coda per un po’ d’erbe e due aranci. Maggio, in Italia!» (p. 82).

Il diario riporta pure pagine importanti rela tive all’Italia occupata dai tedeschi e alla conseguente richiesta di collaborazione avanzata agli industriali italiani: «inviti alla collaborazione e minacce per chi non collabora. Programmi come se l’occupazione dell’Alta Italia dovesse durare indefinitamente. Nessuno degli industriali più in vista vuole però rappresentare gli italiani in questa parte di collaborazione ufficiale con i tedeschi» (p. 140).

Il diario potrebbe, inoltre, offrire anche spunti nuovi per filoni di ricerca ancora oggi suscettibili di approfondimento, come ad esempio la storia dell’industria italiana sotto il fascismo, dal momento che, com’è noto, le industrie che maggiormente si impegnarono nello sviluppo di progetti autarchici promossi dal regime appartenevano ai settori meccanico, siderurgico ed elettrico.

Per questi motivi il volume avrebbe meritato, a mio parere, un’edizione critica adeguatamente commentata e non una mera trascrizione del manoscritto. Il diario di Giovanni Devoto resta, tuttavia, una lettura interessante a più livelli per quell’intreccio fra pubblico e privato e la carica emotiva che specialmente le fonti di carattere memorialistico sanno restituire.

Zitierweise:
Castro, Sonia: Rezension zu: Devoto, Giovanni: Milano-Davos 1942-1944. Diario di un dirigente industriale progressista a cura di Gianluca Devoto, Milano 2017. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, 2018, Vol. 163, pagine 157-159.

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Zuerst veröffentlicht in

Archivio Storico Ticinese, 2018, Vol. 163, pagine 157-159.

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